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6 novembre 2014

RICEVO E PUBBLICO

"Io, poliziotto, chiedo scusa alla famiglia di Stefano Cucchi per l'oltraggio infinito"

Ecco la lettera aperta con cui un agente della questura di Bologna si rivolge ai parenti del ragazzo morto a Roma, dopo la sentenza d'appello che ha assolto tutti gli imputati e dopo la querela del Sap alla sorella Ilaria


Servo lo Stato da 26 anni soltanto grazie a un prudente disincanto che mi permette ancora di sopravvivere tra le pieghe di quel medesimo nulla costituito per lo più da ingiustizie, bugie, miserie umane, silenzi, paure, sofferenze.

Oggi intendo rompere quel silenzio cui si è condannati quasi contrattualmente da regolamenti di servizio che impongono e mitizzano l’obbedire tacendo, perché le parole pronunciate dal Segretario nazionale del Sap all'esito della pronuncia di assoluzione non restino consegnate anch'esse al fenomeno di cui sopra.

Il diritto di parola consentito al Segretario nazionale del Sap gli ha permesso di esprimere ”La piena soddisfazione per l’assoluzione di tutti gli imputati ” con una disinvoltura che abitualmente può trovare applicazione esclusivamente in uno stadio dove l’unica forma di dolore può derivare abitualmente da un goal mancato e non già dalla morte violenta di un giovane celebrata in un’aula di Giustizia.

"Bisogna finirla in questo paese di scaricare sui servitori dello Stato la responsabilità dei singoli,di chi abusa di alcol e droghe,di chi vive al limite della legalità. Se uno ha disprezzo della condizione di salute,se uno conduce una vita dissoluta,ne paga le conseguenze".

Queste parole,in un contesto democratico che ne apprezzasse il loro peso,sortirebbero reazioni,conseguenze,interrogativi e dibattiti sul loro senso,sull'utilità e gli effetti di questa allegra scampagnata lessicale sul dolore di una famiglia nonché una minima inchiesta semantica sul concetto di vita dissoluta e al limite della legalità. Sarebbe da attendersi dal Segretario la spiegazione su quanto realmente produca paura in questo paese e se l'abuso di alcol e droghe sia causa di morte per lesioni e se vi sia qualcosa di più dissoluto di un diritto calpestato. Andrebbe preteso che ci chiarisse se quelle parole siano rappresentative di tutto l'universo della polizia o invece siano la personale interpretazione di un dramma o la recensione di un abominio. E ancora gli andrebbe richiesto se il silenzio seguito alle sue parole sia l'indicatore di un paese dove domina sul diritto l'incertezza;sulla complessità della vita l'omologazione;sui drammi umani l'assenza di indignazione e l'ignavia.
Per questo chiedo scusa alla famiglia Cucchi per questo oltraggio infinitoper questa deriva che non può rappresentare la totalità degli appartenenti alle forze di polizia neppure quelli a cui per regolamento è precluso il diritto di indignarsi e di affrancarsi dalla convivenza col divieto di opinione.
Nel dubbio,semplicemente nel dubbio.

Francesco Nicito, agente della Questura di Bologna
(Fonte:L'ESPRESSO 4 Novembre 2014)


    Caso Cucchi: non è successo nulla. Concita De Gregorio. Repubblica


    QUINDI non è stato nessuno. Quindi, come dice sua madre guardandoti diritto negli occhi, "visto che non è successo niente stasera torniamo a casa e lo troviamo vivo che ci aspetta".

    Perché la questione è molto semplice, ed è tutta qui. Non c'è da ripercorrere le indagini, sostituirsi a chi le ha fatte, commentare la sentenza provare a indovinarne le ragioni. Meno, molto meno. Quello che rende la storia di Stefano Cucchi la storia di tutti è nelle semplicissime parole di sua madre: c'era un giovane uomo di 31 anni e non c'è più, era nelle mani dei custodi della Legge lo hanno ammazzato ma non è stato nessuno dunque non è successo niente.

    Vada a casa signora, ci dispiace. Suo figlio è morto mentre era nelle strutture dello Stato, una caserma poi un'altra, una cella di sicurezza poi un'altra, un ospedale poi un altro. È stato picchiato, è vero. Aveva le vertebre rotte gli occhi tumefatti: lo sappiamo, le perizie lo confermano, non potremmo d'altra parte certo negarlo. Le sue foto avete deciso un giorno di renderle pubbliche e da allora le vediamo ogni volta, anche oggi qui, ingigantite, in tribunale. Un ragazzo picchiato a morte. Ma chi sia stato, tra le decine e decine di carabinieri e agenti, pubblici ufficiali e dirigenti, medici infermieri e portantini che in quei sei giorni hanno disposto del suo corpo noi non lo sappiamo. Dalle carte non risulta. Nessuno, diremmo. Anzi lo diciamo: nessuno. 
    Dunque vada a casa, è andata così. Dimentichi, si dia pace. Questo è un esercizio più facile per chi voglia provare a mettersi nei panni: nessuna madre, né padre, né sorella può dimenticare né darsi pace del fatto che un figlio debole, infragilito dalla droga come migliaia di ragazzi sono, ma deciso a uscirne, un figlio amato, smarrito, accudito possa essere arrestato una sera al parco con 20 grammi di hashish, portato in caserma e restituito cadavere una settimana dopo. È anche difficile sopportare in aula l'esultanza e il giubilo dei medici e degli infermieri assolti, perché comunque quel ragazzo stava male, è morto che pesava 37 chili e quando è entrato ne pesava venti di più. Sembra impossibile poter perdere 20 chili in sei giorni ma se non mangi e non bevi perché pretendi un legale che non ti danno, se hai un problema al cuore e vomiti per le botte forse succede, di fatto è successo e qualcuno deve aiutarti a restare in vita. Uno a caso, dei cento che sono passati davanti ai tuoi occhi in quei giorni e hanno richiuso la cella. È difficile per un padre leggere il comunicato di polizia Sap che con soddisfazione dice "se uno conduce una vita dissoluta ne paga le conseguenze senza che altri, medici o poliziotti, paghino per colpe non proprie". Perché, ricorda sommessamente Giovanni Cucchi, "ho rispetto per tutti, ma vorrei precisare che chi ha perso il figlio siamo noi". 
    Delle immagini di ieri, sentenza di assoluzione, restano le grida di esultanza degli imputati le lacrime dei familiari e i volti chiusi dei magistrati tra cui molte donne, volti rigidi. Dicono, da palazzo di giustizia, che le prove fossero "scivolose", le perizie e le consulenze decine, tutte contraddittorie. Dev'essere stato difficile anche per i magistrati, è lecito e necessario supporre, prendere una decisione così. Ci si augura che sia stato un rovello terribile, una via per qualche ragione patita e obbligata. Perché altrimenti diventa difficilissimo per ciascuno di noi continuare ad esercitare con scrupolo e dovizia la strada impopolare e impervia, ma giusta, della responsabilità individuale e personale. Quella che se non paghi una multa ti pignorano casa, ed è giusto, se dimentichi una scadenza sei fuori dalle graduatorie, ed è giusto, se commetti un'imprudenza o violi una norma sei sottoposto a giudizio, ed è naturalmente giusto.

    Bisogna però essere certissimi, ma proprio certissimi, che non esista un'omertà di Stato per cui se è chi veste una divisa o ricopre un pubblico ufficio, a violare le norme, nessuno saprà mai come sono andate le cose perché si coprono fra loro nascondendo le carte e le colpe. Bisogna essere sicuri che se sono io ad ammazzare di botte una persona inerme prendo l'ergastolo e che se lo fa un esponente dello Stato in nome del diritto prende l'ergastolo lo stesso. Perché altrimenti, se così non è, viene meno in un luogo remoto e profondissimo il senso del rispetto delle regole e le conseguenze non si possono neppure immaginare. Altrimenti vale la legge del più forte e non si sa domani in quale terra di nessuno ci potremmo svegliare, tutti e ciascuno di noi, in quale selva che ci conduce dove. Disorienta e mina le fondamenta del vivere in comunità, una sentenza così. Servirebbe un gesto forte e simbolico, comprensibile a tutti. Ci sono giorni che chiamano all'appello l'umanità e l'intelligenza di chi, sovrano, incarna le istituzioni. Questo è uno.
    CONCITA DE GREGORIO
    (Fonte:Repubblica) 
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    Quello che segue,sono le conclusioni di un articolo già pubblicato su CIRCUMVESUVIANANDO il 17 Novembre del 2009.:"P I E T A S .....D E L I T T I     E    P E N E" .....
    Sembrerà strano,se paragoniamo quel tempo al silenzio dei nostri giorni, ma nel BLOG si è discusso anche di questo .....
    ("Dall'Archivio di CIRCUVESUVIANANDO")
    "Contraddizioni,misteri,anomalie,orrori. Questa tragedia è un pozzo senza fondo,oscuro e mostruoso. Zoppicano le ricostruzioni fornite dalle autorità ufficiali, balbettano le verità mormorate a mezza bocca dai testimoni, si confondono fatti e impressioni .Sul terreno dei fatti resta un ragazzo di 31 anni…….
    Le deduzioni:……Una morte arrivata probabilmente per disidratazione;probabilmente per mancata alimentazione; probabilmente per lo sciopero della fame;probabilmente in seguito alla protesta per il mancato ottenimento di un avvocato…..o altro….
    L’argomento meritava più di una riflessione…..Detto in un altro modo si tratta di una meditazione della morale sulle Istituzioni…..Ma poi chi sono le istituzioni? Bisogna chiederselo……Sembra una domanda banale…..E invece,sono persone che per conto di tutti si trovano a turno ad avere in balia,nelle loro auguste e immacolate mani, dei loro simili.
    Con  responsabilità individuali!....Che chissà perché, quanto le cose vanno male ed un loro simile muore,tutti o quasi tutti chiedono giustizia e verità…E così quando a morire sono degli scarti o dei reietti della società sono già pronti i titoli di chiusura,in un quadro di sciatteria ed indifferenza nei confronti dei più deboli….                                                                                                 Questo caso è diventato l’emblema di tante vicende oscure italiane…Ed è l’immagine di un’altra Italia che ancora si ostina a chiedere la verità….                                                                         Ci vorrebbe un moto di sollevazione delle coscienze che faccia uscire tutti da questa tragica condizione di soprusi e di opacità….Ci sarà?????"



    IL POSTINO SUONA SEMPRE DUE VOLTE 

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