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Altroconsumo |
Nessun
diritto per i pendolari
Linee tagliate, ritardi a non
finire, corse che saltano, vagoni disastrati: questa inchiesta ha lo scopo di
valutare il livello di soddisfazione degli utenti abituali (pendolari) del
servizio ferroviario locale.
Non può definirsi civile un Paese in cui tre milioni
di pendolari sono costretti a un inferno quotidiano. Anche chi di questi tempi
ha conservato un lavoro stabile finisce per sentirsi precario, se ogni giorno
arrivando in stazione scopre che il treno è in ritardo oppure è stato
soppresso, che i vagoni sono diminuiti e le persone in attesa aumentate, che si
dovrà fare ressa per guadagnarsi uno spazietto a bordo, che si starà stipati
come sardine, che il cattivo odore ammorberà l’aria, che la temperatura sarà o
troppo calda o troppo fredda, che il bagno sarà fuori uso o comunque inagibile
per lo sporco.
E l’insoddisfazione cresce, sfociando in un’esasperata
indignazione. I mille e cinquecento pendolari da noi interpellati sulle 25
tratte — che collegano l’hinterland alle tre grandi città di Milano, Roma e
Napoli — puntano il dito soprattutto sulla puntualità e l’affollamento,
parametri nettamente peggiorati negli ultimi due anni. I treni delle tratte
Bergamo-Treviglio-Milano e Pavia-Milano vengono percepiti come quelli più
puntuali e con ritardi meno consistenti. I peggiori sono quelli della ex
Circumvesuviana, in Campania, e quelli che percorrono i tragitti che collegano
Nettuno e Avezzano con Roma. Se in generale il 75% dei pendolari si dichiara
insoddisfatto della puntualità del trasporto regionale, sull’affollamento il
dato è persino peggiore: 81%. Sulla tratta Frosinone-Roma è addirittura la
totalità degli intervistati a indicarlo come fonte di grande disagio, anche
perché non lo si percepisce solo come un problema di comodità, ma anche di
sicurezza: in caso di emergenza il convoglio può trasformarsi in una trappola
mortale. Del resto, se le corse diminuiscono, è inevitabile che ci sia
l’assalto ai pochi treni che passano. Otto su dieci denunciano standard di
pulizia inaccettabili. Anche quando si trova posto a sedere, è imbarazzante il
contatto con sedili e poggiatesta pieni di patacche o che cadono a pezzi (c’è
anche il rischio di farsi male o di farsi mordere dalle pulci, come riportato
più volte dalle cronache). Per non parlare della mancanza di igiene di quelli
che per definizione dovrebbero essere “servizi igienici”. «Ci sentiamo trattati
come bestie», questo il comune sentire tra i pendolari.
«Trovi un posto di lavoro, ma non c’è il treno per
andarci» dicono i giovani dell’hinterland di Napoli. Il capoluogo campano sembra
anticipare il destino che presto potrebbe toccare in sorte al resto d’Italia.
Il continuo taglio delle risorse a disposizione degli enti locali (nel 2011 è
stato del 50,7%) e politiche gestionali sbagliate si traducono nell’attuale
impossibilità di assicurare servizi essenziali, tra cui un efficiente trasporto
pendolare. Lì dove sono rimasti fermi i bus perché non c’era gasolio, anche il
trasporto su ferro è in ginocchio, e non si tratta dell’eccezionalità di un
giorno: l’emergenza dura da due anni. Sulle linee della ex Circumvesuviana —
che collegano Baiano, Poggiomarino, Sorrento e Sarno con Napoli — sono oltre
duecento le corse soppresse perché non ci sono sufficienti risorse né
abbastanza treni funzionanti. «L’ente autonomo Volturno, la società che ha incorporato
la società di trasporto regionale Circumvesuviana, ha un buco di bilancio di
mezzo miliardo. Le banche hanno chiuso i rubinetti, e i fornitori, che non
riusciamo più a pagare regolarmente, rifiutano di effettuare riparazioni e
fornire pezzi di ricambi: così, se un treno si rompe, rimane fermo in deposito»
allarga le braccia Arturo Borrelli, direttore d’esercizio della ex
Circumvesuviana. «Motivo per cui, a fronte di un parco rotabile di cento
macchine, in funzione ce ne sono appena cinquanta».
Chi dovrebbre garantire la qualità del trasporto
pendolare? La Regione, con cui i gestori hanno un contratto di servizio.
Peccato che l’Ente autonomo Volturno sia posseduto al 100% dalla Regione
Campania. La Regione è quindi allo stesso tempo controllore e controllato,
committente di un servizio e fornitore dello stesso servizio. I contratti di
servizio stabiliscono delle penali da applicare al gestore in caso di mancato
rispetto di determinati parametri di qualità: in pratica però sono sempre i
cittadini a rimetterci, perché la Regione si multa da sola. Un mostro giuridico
che non riguarda soltanto la Campania. Anche Trenord, che lo scorso dicembre ha
brillato per inefficienza, è controllata da Trenitalia e dalla Regione
Lombardia. La stessa Trenitalia è pubblica. Una situazione di un’opacità
sconcertante, che rende più necessaria che mai l’istituzione di un’Authority
dei trasporti indipendente. Questo stato di cose allontana i privati.
Arenaways, a cui non è stato concesso di fare fermate intermedie tra Torino e
Milano, e quindi di servire i pendolari, è stata letteralmente accompagnata al
fallimento. Sul versante alta velocità è tutta un’altra storia: le Frecce
aumentano di numero e diminuiscono i tempi di percorrenza. Lo stesso vale per
Italo, il treno dell’alta velocità di Ntv, che ha perfino vinto il Design Award
2013, come treno più bello e di classe. Mentre i treni regionali sono sempre
più brutti e sporchi.
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