I dipendenti Casertani, attendono buone notizie per il loro futuro, speriamo nella Vs. forza e collaborazione,Grazie
Quando il profitto batte l'etica
di Roberto Saviano
L'incidente del bus di Monteforte è solo l'ultimo caso: il settore pubblico si lascia sostituire dal privato senza controllarlo. Bisogna rigenerare legalità ed efficienza
(08 agosto 2013)
Roberto SavianoIl ministro dell'Economia nei giorni scorsi ha accennato alla possibilità di una timida ripresa economica, anche sull'onda dei segnali positivi che arrivano da oltre oceano. Che si voglia credere o meno a questa previsione, non ci si può esimere dall'osservare la realtà del Paese nella sua strutturale inadeguatezza. Lo Stato sarebbe tenuto a offrire servizi pubblici efficienti e un effettivo controllo dell'attività dei privati cui in alcuni casi è delegata l'offerta di tali servizi.
LA TRAGEDIA DI MONTEFORTE Irpino non può essere archiviata sotto la voce fatalità. Vale la pena riflettere sullo stato dei bus e dei camion che circolano sulle strade italiane. Spesso ci si trova al cospetto di storie di manutenzioni inesistenti e di autisti che hanno un carico di lavoro estremo. Molti sono i dubbi manifestati sulla trasparenza del sistema delle revisioni, demandato anche alle officine private. E' per queste ragioni che quanto è accaduto sul viadotto Acqualonga è il segno di una progressiva assenza di attenzione al tema della sicurezza che rende turisti e utenti, in molti casi, persone a rischio. Non è fatalità.
Chiunque abbia viaggiato sui bus o lavorato su mezzi pesanti sa quanto a volte siano malmessi, quanto siano costose le manutenzioni che vengono, quando possibile, evitate. Le vittime della strage del bus, lo sono dell'irrisolto rapporto tra pubblico e privato che è tratto distintivo italiano. Lo Stato che delega il privato perché a esso supplisca, ma che non lo controlla. Il privato che approfitta della mancanza effettiva di controlli o delle possibilità infinite di corruzione finalizzata ad aggirare i costi dovuti.
Ci si sposta di pochi chilometri, per raccontare una storia apparentemente distinta. Chi ha vissuto a Caserta sa che il servizio di trasporto pubblico era qualcosa di aleatorio: non c'erano orari, né si poteva fare alcun reale affidamento sulle corse. Un servizio non servizio. E qui entra in gioco un altro fattore, che ci chiama in causa tutti. Come spesso è accaduto, i cittadini non hanno controllato e la politica ha distrutto. La storia delle società pubbliche, e poi di quelle partecipate, è storia di consigli di amministrazione pletorici e di organici composti più da dirigenti che da impiegati semplici (autisti in questo caso).
Le necessità clientelari richiedevano posti da assegnare: tanto a chi importava in una città dove nella scala dei valori il cemento e l'automobile valevano più degli esseri umani? Poi un giorno si è deciso di lasciar morire l'azienda del trasporto pubblico casertano: non si era stati capaci di intendere diversamente l'idea stessa di servizio pubblico, quindi meglio tappare questo pozzo senza fondo. Rimaneva però la necessità di fornire il servizio.
Per molti capataz politici della mia terra i cittadini sono sempre stati meno che nulla. Persone che si lasciano avvelenare a poco a poco, che si accontentano delle briciole e che in cambio rinunciano ai propri diritti, esseri da utilizzare secondo le proprie necessità. Si decide quindi di percorrere la strada dell'affidamento del servizio al privato. Che in linea teorica dovrebbe assicurare efficienza, di costi e di gestione, ma che nello specifico italiano e nel patologico meridionale significa solo "occasione imperdibile".
Non per il cittadino, ma per chi i soldi li ha e ha magari necessità di pulirli; per chi ha un Padrino politico forte. E allora ecco all'orizzonte profilarsi un'azienda, che si aggiudica la concessione. Nel caso di Caserta è la Clp. La stessa dinamica si ripropone a livello regionale. Questa volta in gioco è un colosso del trasporto pubblico regionale, la Eav bus, che controlla varie altre società. Anche in questo caso la società è prossima al fallimento: sprechi, dirigenti inutili, funzione di mero asservimento a quel pozzo senza fondo che è la politica regionale campana. Anche in questo caso, si fa sotto la potente Clp. Ma questa volta la concessione viene negata a causa di un'interdittiva antimafia. Che evidentemente a Caserta non vale.
TUTTO QUESTO mi fa pensare che il senso di una svolta non può risiedere in un punto percentuale di Pil, guadagnato dopo anni in cui si è bruciata così tanta ricchezza. La struttura del Paese non smetterà di scricchiolare e i soldi versati dagli italiani nelle casse dello Stato saranno ancora benzina in un serbatoio bucato.
LA TRAGEDIA DI MONTEFORTE Irpino non può essere archiviata sotto la voce fatalità. Vale la pena riflettere sullo stato dei bus e dei camion che circolano sulle strade italiane. Spesso ci si trova al cospetto di storie di manutenzioni inesistenti e di autisti che hanno un carico di lavoro estremo. Molti sono i dubbi manifestati sulla trasparenza del sistema delle revisioni, demandato anche alle officine private. E' per queste ragioni che quanto è accaduto sul viadotto Acqualonga è il segno di una progressiva assenza di attenzione al tema della sicurezza che rende turisti e utenti, in molti casi, persone a rischio. Non è fatalità.
Chiunque abbia viaggiato sui bus o lavorato su mezzi pesanti sa quanto a volte siano malmessi, quanto siano costose le manutenzioni che vengono, quando possibile, evitate. Le vittime della strage del bus, lo sono dell'irrisolto rapporto tra pubblico e privato che è tratto distintivo italiano. Lo Stato che delega il privato perché a esso supplisca, ma che non lo controlla. Il privato che approfitta della mancanza effettiva di controlli o delle possibilità infinite di corruzione finalizzata ad aggirare i costi dovuti.
Ci si sposta di pochi chilometri, per raccontare una storia apparentemente distinta. Chi ha vissuto a Caserta sa che il servizio di trasporto pubblico era qualcosa di aleatorio: non c'erano orari, né si poteva fare alcun reale affidamento sulle corse. Un servizio non servizio. E qui entra in gioco un altro fattore, che ci chiama in causa tutti. Come spesso è accaduto, i cittadini non hanno controllato e la politica ha distrutto. La storia delle società pubbliche, e poi di quelle partecipate, è storia di consigli di amministrazione pletorici e di organici composti più da dirigenti che da impiegati semplici (autisti in questo caso).
Le necessità clientelari richiedevano posti da assegnare: tanto a chi importava in una città dove nella scala dei valori il cemento e l'automobile valevano più degli esseri umani? Poi un giorno si è deciso di lasciar morire l'azienda del trasporto pubblico casertano: non si era stati capaci di intendere diversamente l'idea stessa di servizio pubblico, quindi meglio tappare questo pozzo senza fondo. Rimaneva però la necessità di fornire il servizio.
Per molti capataz politici della mia terra i cittadini sono sempre stati meno che nulla. Persone che si lasciano avvelenare a poco a poco, che si accontentano delle briciole e che in cambio rinunciano ai propri diritti, esseri da utilizzare secondo le proprie necessità. Si decide quindi di percorrere la strada dell'affidamento del servizio al privato. Che in linea teorica dovrebbe assicurare efficienza, di costi e di gestione, ma che nello specifico italiano e nel patologico meridionale significa solo "occasione imperdibile".
Non per il cittadino, ma per chi i soldi li ha e ha magari necessità di pulirli; per chi ha un Padrino politico forte. E allora ecco all'orizzonte profilarsi un'azienda, che si aggiudica la concessione. Nel caso di Caserta è la Clp. La stessa dinamica si ripropone a livello regionale. Questa volta in gioco è un colosso del trasporto pubblico regionale, la Eav bus, che controlla varie altre società. Anche in questo caso la società è prossima al fallimento: sprechi, dirigenti inutili, funzione di mero asservimento a quel pozzo senza fondo che è la politica regionale campana. Anche in questo caso, si fa sotto la potente Clp. Ma questa volta la concessione viene negata a causa di un'interdittiva antimafia. Che evidentemente a Caserta non vale.
TUTTO QUESTO mi fa pensare che il senso di una svolta non può risiedere in un punto percentuale di Pil, guadagnato dopo anni in cui si è bruciata così tanta ricchezza. La struttura del Paese non smetterà di scricchiolare e i soldi versati dagli italiani nelle casse dello Stato saranno ancora benzina in un serbatoio bucato.
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