BREVI, FLASH, ANNUNCI.....

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8 dicembre 2012

RICEVO DAL SIG. ANTONIO GRAGNANIELLO E VOLENTIERI PUBBLICO

Sig Giona non me ne voglia! Le invio altro materiale sulla truffa della produttività. Se legge con attenzione, fatte le dovute differenze di settori, quello che si capisce bene è che tutto è guidato dalla stessa ideologia.
L'efficientamento è scaricato sui lavoratori fatti passare per lavativi, egoisti a difesa di corporazioni, nello stesso momento in cui si sottraggono risorse, diritti, democrazia alle persone. Ora non le sembra che tutto questo meriti un ripensamento delle forme di lotta?
Spero solo di non essere frainteso e non vorrei sembrarle invadent
e.



La truffa dellaccordo di produttività
MARTEDÌ, 27 NOVEMBRE, 2012

Bisogna spiegare bene la truffa (per i lavoratori) dellaccordo sulla produttività poichè altrimenti, in questa situazione di incultura e regressione politica e sindacale dilagante, può sembrare giusta e moderna lidea che chi lavora di più e contribuisce di più allo sviluppo della propria azienda, guadagna anche di più. Cosa che, detta così, non fa una piega, ma che inquadrata, come si dice, nel contesto generale, tradisce i caratteri di un grande inganno. Dirigenti della CGIL, che (per ora e speriamo anche in seguito) non ha firmato laccordo e dei partiti di sinistra hanno replicato con dichiarazioni giustissime, ma sintetiche (o così sono state presentate), che, senza un ulteriore sviluppo dei temi che propongono, potrebbero risultare inefficaci a svelare il nuovo pesante regresso che viene imposto alla civiltà del lavoro e alla condizione dei lavoratori.

Sono chiamate in causa questioni di principio e, per così dire, le loro applicazioni pratiche. Per quanto riguarda le prime, laccordo sulla produttività costituisce una nuova pietra tombale della grande stagione contrattuale che, a partire dalla fine degli anni60, ha segnato in Italia un generale avanzamento della condizione e dei diritti dei lavoratori che fu (bisogna sempre ricordarlo) motore dei più alti indici di sviluppo delleconomia mai registrati. Il principio base della politica sindacale era a uguale lavoro, uguale salario, con lidea che unificare i lavoratori di ogni categoria in un fronte coeso e compatto potesse costituire la massa critica atta a contrastare lo strapotere padronale e a garantire, collettivamente e per ciascuno, miglioramenti salariali e normativi altrimenti irraggiungibili.

Quella idea era profondamente giusta. Non è un caso che oggi è essa ad essere rovesciata. Alla contrattazione collettiva e nazionale si sostituisce quella aziendale e individuale e questo (che è lobiettivo del governo e degli imprenditori) indebolirà la capacità contrattuale dei lavoratori, sia in gruppo che singoli. Essi saranno più deboli e, di conseguenza, la loro condizione, che dipende dai rapporti di forza, non dalle regalie del padrone o dalle fasi di sviluppo, sempre o spesso contingenti, di una impresa, sarà peggiore. Del resto, in realtà, la possibilità di accordi aziendali per aumenti salariali collegati ad aumenti di produttività sono già consentiti dallordine delle cose corrente e largamente praticati. La novità, negativa purtroppo, di questo ultimo accordo consiste nel fatto che fino ad oggi la contrattazione aziendale era aggiuntiva e migliorativa di quella nazionale; ora diventa, per così dire sostitutiva di questultima che, alla fine, attraverso i vari provvedimenti assunti in sede legislativa e contrattuale, viene in realtà negata nella sua stessa possibilità di esistenza . Il contratto nazionale, infatti, sarà (questo cè scritto nel testo dellintesa non firmata dalla CGIL) condizionato e subordinato allandamento generale delleconomia e del settore di competenza (rispuntano i mercati!) e da altre variabili delle quali il lavoratore è puro soggetto passivo. Sarà, in sostanza, bloccato. I margini di recupero andranno conseguentemente cercati nella contrattazione aziendale e negli accordi di produttività. E qui sta la truffa! Perché? Perchè gli accordi di produttività (anche dove ci saranno margini per farli) non saranno mai compensativi (almeno per la grande maggioranza dei lavoratori) delle perdite di quello nazionale.

Tra laltro paradosso del caso, e considerazione di primaria importanza -, si potrebbe ben dire che i lavoratori, i loro aumenti, se li pagheranno da soli! Gli accordi aziendali saranno infatti incentivati con sgravi fiscali (solo su quella parte di produttività” del salario), finanziati dallo Stato con la fiscalità generale: fate i conti di chi paga le tasse in questo Paese (in realtà solo i modelli 101) e vi renderete conto dellimpianto truffaldino che è alla base di questa innovativa intesa.

Laccordo sulla produttività scarica interamente sul lavoro umano e quindi sui dipendenti, la responsabilità della competitività, assolvendo completamente limpresa e i pubblici poteri. E una cosa ignobile poiché in realtà, nei tempi moderni e per un Paese come lItalia, le ragioni della bassa competitività dipendono molto di più da altre cause (inefficienze generali del sistema e dellimpresa ecc.) che dallo sfruttamento del lavoro umano. Esso, in Italia, già oggi è, in generale, ad un livello di grande intensità: ritmi orari, turnazioni sono al limite, testimoniate dalle cifre, spaventose e inaccettabili, anche se oscurate, di morti, infortuni, malattie professionali. Lidea, infame, che si lavora poco e i dipendenti vanno spremuti di più esenta limpresa dai suoi obblighi di migliorare, innovare, qualificare i processi e i prodotti e quindi, oltre che ingiusta e non veritiera, è anche inutile dal punto di vista economico e competitivo.

E, a proposito della innovatività e della coerenza europea di questo accordo, è risibile pensare che esso propone di introdurre la cogestione (cioè la partecipazione dei dipendenti al capitale dellimpresa) in Italia, nel momento in cui questa esperienza, di fronte al suo fallimento, viene derubricata in quegli stessi Paesi, a guida socialdemocratica, in cui fu introdotta per prima.

Ma in realtà questo accordo è assai poco mitteleuropeo e molto oscurantista. La sua cifra finale, finale in tutti i sensi, come collocazione nel testo e cultura generale, è data purtroppo dalla parte sulla installazione delle telecamere per sorvegliare il lavoro dei dipendenti. La fabbrica o lufficio, come una galera! Complimenti a chi, tra i rappresentanti dei lavoratori, lha sottoscritto!

Ricordo, negli anni 70, un bel comizio di Rinaldo Scheda (dirigente di spicco della CGIL) in Piazza Tacito a Terni davanti agli operai delle Acciaierie. Col suo linguaggio figurato rievocò lombra degli gli anni 50, quando loperaio entrato in fabbrica doveva lasciare nellarmadietto insieme al cappotto anche la sua coscienza e ammonì sul fatto che bisognasse impedire di tornarci. A quella generazione della sinistra limpresa riuscì e si aprì una memorabile fase di sviluppo. Oggi abbiamo di fronte, in condizioni forse più difficili, lo stesso compito.

Leonardo Caponi



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