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11 settembre 2014

ARTICOLO PROPOSTO DAL COLLEGA SALVATORE VALERIO

La rabbia dopo l'uccisione di Davide: "Stiamo meglio ...

La rabbia dopo l'uccisione di Davide: "Stiamo meglio con la Camorra"

La tensione è ancora alta al Rione Traiano di Napoli. Alla manifestazione di solidarietà verso la famiglia di Davide Bifolco, il ragazzo ucciso nella notte di venerdì da un carabiniere, hanno partecipato rappresentanze di moltissimi quartieri della città. L’Espresso ha voluto raccogliere le testimonianze di chi adesso vuole giustizia: «Lo stato non ci tutela ecco perché stiamo meglio con la camorra», dice la zia di Davide. «Se non sono in grado di farla loro ci consegnassero il carabiniere, faremo giustizia con le nostre mani», urlano altri manifestanti con voce di rabbia. Alla manifestazione hanno partecipato gruppi organizzati provenienti da quartieri come Scampia, Secondigliano e Ponticelli. Secondo alcune indiscrezioni più di 200 molotov erano già pronte ad essere utilizzate contro le forze dell’ordine. Dopo un confronto con alcuni rappresentanti del Rione Traiano prevale la linea della manifestazione pacifica. «Non infanghiamo il nome di Davide, pace, pace, pace».
Di Duccio Giordano






Napoli, nelle periferie delle lacrime. D’odio


Napoli – È diventata la città delle lacrime, del pianto,(‘o chianto), Napoli
Il mandolino, la finestra a Marechiaro, l’allegria spensierata delle sere d’estate, non ci sono più, da tempo sono finiti in uno dei tanti cassonetti traboccanti di monnezza. E anche il pianto non è più quello antico, bello e poetico di Regina Bianchi. “Sto chiagnenno Dummì, e comme è bello chiagnere”. 
(Sto piangendo Domenico, e come è bello piangere, recitava in “Filumena Marturano”). 
Era un pianto, chianto, liberatorio, quello. Erano lacrime che finalmente liberavano insieme a Filomena, donna dalla mala-vita, anche Napoli da tutti i patimenti. Ora no, in questi tempi tristi le lacrime napoletane sono gonfie di rabbia e rancore, covano malessere e odio, sono pianti di solitudine e fallimento, perché si piange per morti giovani.
 
Ragazzi dalle vite sbagliate che non hanno avuto il tempo di assaporare la gioventù, nati e cresciuti in posti orrendi, in famiglie continuamente sull’orlo del baratro, abituati a visitare più il fetido parlatorio di Poggioreale (il carcere) per parlare con un padre, un fratello, un parente, che il cortile di una scuola o di un oratorio. Ragazzi morti per una rapina andata male, una partita di pallone, una notte brava in tre sul motorino. Già, in tre sul motorino, e senza assicurazione, e neppure un patentino. L’Italia del rispetto della “legalità” si è indignata nel sentire che Davide Bifolco, 17 anni il prossimo 29 settembre, napoletano del quartiere Traiano, figlio di un venditore ambulante di mutande e calzini, fratello di un pregiudicato agli arresti domiciliari, viaggiasse con i suoi amici in tre su un motorino. 
Lasciamo stare il padano Salvini(LEGA NORD) e il suo razzismo da bar di quei paesi avvolti da troppa nebbia e rincitrulliti da pessimo alcol, parliamo all’Italia che invoca il rispetto delle regole
Ma li avete visti mai quei quartieri di Napoli? Avete mai buttato l’occhio sui palazzi orrendi di Scampia, Ponticelli, Piscinola, Bagnoli? Avete mai fissato il vostro sguardo sui volti dei ragazzi che la sera ciondolano tra un bar fetente con i videogiochi e le slot machine, maschi e femmine, tutti cresciuti male e in fretta? Hanno solo quello, la sala giochi (“la sera – ha raccontato un amico di Davide – andavamo al circoletto a giocare a biliardo, poi ci facevamo un giro sul motorino… fino a tardi”), hanno volti duri, si “atteggiano”, sanno a memoria le frasi di Ciro l’immortale (il protagonista diGomorra, la serie Sky che hanno visto comprando i dvd taroccati). “Sta’ senza pensieri, stai cuntento”, ripetono come nel film, a cantilena. 
Un trucco pesante sfregia il volto di ragazzine ancora bambine che vogliono presto diventare donne e si inebriano della musica di Rico Femiano, il neo-melodico di maggiore successo in questo momento con L’ammore ‘o vero. Hanno solo questo i ragazzi e le ragazze del rione Traiano, di Scampia, di Barra, Pianura. Nient’altro. Questa è la loro vita: in tre su un motorino. La scuola ha fallito, non c’è, non ce la fa a difenderli, a istruirli, a mostrargli un’altra vita.
Nelle periferie di Napoli la metà dei ragazzi che frequentano le elementari accumula tra le 60 e le 80 assenze ogni anno, alle superiori la percentuale dell’evasione scolastica arriva al 70%, a Scampia solo il 35% raggiunge il terzo anno delle superiori. E gli altri? Si perdono, chi si ostina anche con disperazione e per l’educazione imposta dalla famiglia a voler stare dentro i confini della legge, è destinato ad arrangiarsi con lavori saltuari, precari, che vanno e vengono in una città senza più fabbriche.
Se Napoli è il sud più profondo di un sud abbandonato e destinato a diventare un “deserto umano”, le sterminate periferia della città sono già la fotografia dell’abbandono e della desertificazione civile. La politica non c’è e non sa che fare. Nelle tante “Scampie” napoletane sono stati sconfitti tutti, i dinosauri della vecchia Dc gavianea," il rivoluzionario " Bassolino, l’arancione De Magistris. E il futuro non promette certo miracoli. Il Pd si perde in inutili “fonderie” dividendosi tra le varie Picierno, i Cozzolino i Migliore, quel che resta del Berlusconismo alla “scapece” non sa a quale santo votarsi, i grillini sognano di conquistare il “palazzo” da soli, per non contaminarsi. Mentre l’eterno sistema d’affari che da sempre domina sulla città indifferente ai cambi di bandiere e casacche, osserva e cerca l’uomo su cui puntare. Gli intellettuali, poi, chi li ha visti, chiusi come sono nelle loro università, impegnati nelle fondazioni, attenti a dosare le parole dei loro editoriali di analisi e critica sui giornali cittadini.
Una volta, sempre lui, il grande Eduardo, decise di sbattere in faccia al mondo intero la realtà dei “bassi” e degli ultimi che lì vivevano. 
“…Avvocà, e sapite chille vasce. Nire, affumicate, addò nun ce sta luce manco a miezeiuorn… (dove non c’è luce neppure a mezzogiorno)”. Ora tocca a pochi rapper e al volto disperato e dolente di un Peppe Lanzetta, raccontare le nuove periferie.
Napoli piange. Piange per Ciro Esposito, ragazzo onesto morto per una partita di pallone, piange per Tonino Mannalà, che la vita onesta l’aveva abbandonata, ucciso da un carabiniere in una notte di luglio dopo una rapina, ora piange per Davide. Le stesse lacrime, lo stesso dolore, la stessa rabbia. Le stesse facce di uomini e donne sconfitti e soli.


3 commenti:

  1. LETTERA A REPUBBLICA:Rubrica di CORRADO AUGIAS---Se a Napoli non c'è una seconda possibilità


    Caro Augias, come sempre quando ci sono morti ammazzati, Napoli non ne esce benissimo. Le interviste sempre uguali, condotte in un italiano frammentario, precario, come i lavori di questo sottoproletariato. L'uccisione di un ragazzo, nato in un contesto di violenza civile, ti lascia il segno. Piango Davide ma mi offende il contesto, le frasi contro lo Stato dei soliti professionisti della rivolta, pronti ad aggredire, rompere, bruciare, in nome di una lotta senza ideali.
    Davide aveva un bel viso, capelli tagliati come un ragazzo qualsiasi del rione Traiano, il solito scooter Sh che appare in ogni situazione, dallo scippo all'agguato di camorra, fino al rito del corteggiamento. I servizi dei tg rafforzano la convinzione che ci sono due Napoli, quella che ha le prime pagine, un sapore amaro di folclore deviato, città di camorra, teste rasate e tatuaggi, voci afone e urla disumane. Poi una piccola enclave di onestà, che nessuno conosce perché non interessa, non ha omicidi o risse. In questo mondo i posti di blocco non si forzano, non si esce di casa senza assicurazione — costa un botto perché i soliti animali fanno incidenti fasulli — né si scorrazza in 3 senza casco. Questa è la differenza. Povero Davide vittima sacrificale di un modello sbagliato, ucciso due volte, da un colpo di pistola e da un sistema che stritola ogni valore.
    — Roberto. Schioppa@tcc.telecomitalia.it


    Non si sa mai bene come affrontare l'enorme problema rappresentato da questa città divisa nel suo doppio destino, meravigliosa e infame. Sulla tragedia di quel povero ragazzo ucciso due volte, come afferma il signor Schioppa, credo che abbia scritto parole illuminanti ROBERTO SAVIANO qualche giorno fa su questo giornale. Ne riporto qualche stralcio.
    «Potremo scoprire le dinamiche di questa ennesima tragedia annunciata, ma i cittadini continueranno ad avere paura, le forze dell'ordine a essere tesissime e il territorio a essere attraversato da un'assenza totale di regole. Qualcuno dovrebbe domandarsi: cosa significa essere un cittadino al rione Traiano? Cosa significa essere un carabiniere al rione Traiano? Rione Traiano, anello fondamentale per il traffico di coca. Rione dove manca quasi completamente ogni genere di servizi, dove la fermata della Cumana fa paura anche a mezzogiorno […] Davide Bifolco è morto a 17 anni per una serie di leggerezze, alla guida di un motorino su cui viaggiavano in tre, non si è fermato all'alt per paura perché non aveva ne assicurazione e ne patentino..
    Ma a Davide non è stata data una seconda possibilità. Dove c'è guerra perenne, non ti va bene mai, non esistono seconde possibilità. Un errore ti marchia a vita o ti uccide. Napoli è una città in guerra».

    Viene da aggiungere: con se stessa.
    CORRADO AUGIAS


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    La canzone "CAMORRA CHI NE SA" è di Andrea LUCISANO ....Il cantautore ha inciso tre singoli legati al tema della criminalità organizzata:“Mafia made in Italy” ( ripreso anche da una lettura di Luca Zingaretti per il documentario “Panni Sporchi” di Mario Monicelli ) ;“Camorra chi ne sa” ( brano rap tratto da una scena del film Gomorra e dal quale è nata un’omonima trasposizione televisiva ) e “La magia del vicolo” ( che ha fatto da sigla finale del film “Ngopp” ).


    www.myspace.com/andrealucisano

    https://www.youtube.com/watch?v=jPUHAZuqXr4

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  2. Tifo funebre. Che vuole gridare, non riconosce simboli di Stato, e come insegne accetta solo i labari delle congreghe: meglio, se di una Chiesa che non interroga e non dà fastidio. Per Davide esplode un dolore che non scuote, non urta, non trasforma. Ma lascia tutto com'è: ai margini.



    Il lutto di Rione Traiano è come la sua vita: un mondo a parte. Con cui nessuno si sporca, tanto meno nelle ore della ferita aperta. Anche il sindaco Luigi de Magistris manda un assessore, Sandro Fucito, che si tiene comprensibilmente a distanza, e invia anche una solenne corona di fiori bianchi. Spunta tra i banchi solo un altro politico, la senatrice Anna Maria Carloni, moglie dell'ex governatore Bassolino. "Sono figlia di un carabiniere - dice - e la magistratura dirà la verità su quanto accaduto, ma io sono venuta solo per stare vicino a questi cittadini".

    Il resto è rumore di cori ritmati, di passi e di applausi, una partecipazione di massa lasciata sfogarsi per caseggiati strade e vialetti anche con blocchi improvvisati, con le foto e gli striscioni issati sotto il sole tra svenimenti e malori....



    È tutto questo a riempire il vuoto di discorso pubblico e maturo, nella lunghissima mattinata dei funerali di Davide Bifolco...



    Rotola una pesante pietra sulla sepoltura di un ragazzino senza futuro, ucciso mentre in compagnia di altri due sfuggiva all'inseguimento dei carabinieri.

    Ora inneggiano a lui migliaia di persone: è un cordoglio da "stadio", quasi un tifo, come intere generazioni di ragazzi cresciuti nelle periferie metropolitane sono abituati ad esprimere. Un'angoscia che resta inizialmente compressa, durante la composta celebrazione liturgica che si svolge dalle 10 nella chiesa dell'Immacolata della Medaglia Miracolosa. È la parrocchia presidiata fin dal mattino da centinaia di adolescenti, femmine e maschi, tutti vestiti uguali, con la t-shirt bianca con scritte rosse: "Resterai nei cuori di chi non dimentica" o "Davide vive".



    Di fronte a loro, un giovanissimo parroco, don Lorenzo, circondato da altri più anziani sacerdoti durante la liturgia, ricorda che Davide come Gesù "risorgerà" , sceglie di incarnare il dio della speranza e dell'accoglienza, si limita a impartire conforto e benedizioni senza mai mettere il dito nella piaga del quartiere e parlare agli altri, troppi "Davide" che danzano sull'orlo di destini tristi, pur se non così tragici. Un prete che non sfiora le parole "educazione", "legalità", "rischio" o "camorra"; che non tocca quel groviglio di bene e male che tiene per il collo tanti di quei ragazzi che ora appaiono scossi da lacrime sincere e chiedono abbracci, ma prima e dopo tornano ad abbandonarsi alle parole "vendetta", "odio", anche "suicidio", come quello che auspicano per il militare indagato.





    Poi, quando la bara bianca esce dal sagrato, trova una folla enorme ad accoglierlo. Volano palloncini bianchi e azzurri, si levano le prime grida che risuoneranno per tutto il lungo corteo pedonale: un'ora e quaranta di percorso da via Marco Aurelio,fino a ridosso dello stadio San Paolo, con tappe sotto vari domicili e sotto i portoni di alcuni amici "che non possono uscire di casa".



    E ancora verso altri luoghi amati da Davide, attraverso incroci o stradoni che vengono chiuso o aperti al traffico da una scorta di scooter: unico servizio d'ordine pubblico ufficiale.



    Non c'è la politica dei territori. Non c'è la scuola come istituzione, se non nel capo chino di un preside, quello dell'Istituto "Fermi" che piange e non vuole parlare.

    Non c'è la società civile.



    Sono ormai quasi le 13 quando il corteo si avvicina al cimitero, sempre a piedi. In molti tirano un sospiro di sollievo.
    Ora che Davide è nella tomba, davvero sepolto sotto i soliti gesti del cordoglio da stadio, Rione Traiano e la città lontana possono riprendere i rispettivi destini.




    di CONCHITA SANNINO REPUBBLICA

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  3. Napoli, morire in subappalto
    di Januaria Piromallo
    21 settembre 2014


    41 anni, operaio,(vil razza dannata) è precipitato ieri in quel buco che non doveva essere lì. Morto sul colpo.
    Quella voragine di piazza Municipio, per costruire quella metropolitana, anzi l’ArcheoMetrò, quel fiore all’occhiello, una stazione con innesti di reperti archeologici, che tutto il mondo ci avrebbe dovuto invidiare.

    Ma la memoria dell’amministrazione locale è corta. Inversamente proporzionale al volo di dieci metri che ha fatto Salvatore Renna da un’impalcatura. E’ volato giù come un angelo senza ali mentre intonacava una rampa di scale. E adesso cominceranno gli scarica barile? I giornali locali oggi titolano “sconosciuto alla cassa edile”, come dire: “chi era costui?. Non lavorava mica per noi…” Ma la cosa che mi rende schiumosa di rabbia è leggere: vittima della fretta per chiudere il cantiere. Un cantiere che ormai fa parte dell’archeologia industriale della città, da quando nel lontano 1976 cominciarono i lavori, dopo che si sono alternate non so quante amministrazioni succhia/soldi e allarga/buchi (una bustarella qua, una bustarella là…) adesso hanno fretta di chiudere il cantiere. Certo che parlare di “fretta” è paradossale per un’opera che ha impiegato fino adesso all’incirca 14mila giorni.

    Ma forse una ragione c’è. Il Papa ha appena ufficializzato la sua visita a Napoli il 21 marzo. E con sua Santità non si può fare brutta figura, meglio buttare allo sbaraglio operai, ribadisco ‘sconosciuti alla cassa edile’, come risulta dalla prime verifiche. Facciamo schifo, e lo dico da napoletana nel dna.

    Se il Papa lo sapesse, dovrebbe all’istante cancellare la visita alla città. O, forse, dovrebbe venire subito e chiudersi in una stanza con i responsabili di tutto ciò ed illuminare loro le menti. Ma non ci meritiamo neanche quel brav’uomo di Papa Francesco. Se potesse servire mi unisco al cordoglio della famiglia della vittima. E che almeno il presidente Napolitano si desse una mossa a dare una medaglia a Salvatore, in fondo anche Salvatore un caduto in trincea.
    twitter@piromallo

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