VINCENZO SCOLESE |
Sotto il vestito niente?
(Ducati 1199 Borgo Panigale)
Mi
sono soffermato su alcuni appunti raccolti all'Eicma di Milano a meta mese,
sulla nuova moto della casa Felsinea e dopo numerose ricerche e peripezie mi
sono dovuto ricredere su una prima valutazione che avevo espresso. Ovvero,
sotto il vestito niente. Ed invece da un attenta lettura dei dati e dopo aver
confrontato alcuni numeri ecco cosa è venuto fuori.
Vincenzo Scolese
Il nuovo bicilindrico Ducati
stabilisce alcuni importanti primati. E la portata delle innovazioni che
propone non va sottovalutata come d'impatto si tenta a fare. Ecco quindi alcune
osservazioni in proposito. Dello straordinario alesaggio (112 mm ) si è già detto. È un
primato, per i motori motociclistici, se non si considerano una o due
mostruosità da competizione costruite all’inizio del secolo scorso. Roba da
pionieri del motorismo. Nel 1903 gareggiò al Parco dei Principi, a Parigi, una
moto azionata da un monocilindrico De Dion – Bouton di 1356 cm3 (De Dion
inventore del ponte retrotreno automobilistico ancora in uso su diverse auto),
il cui alesaggio era di 120
mm . Il Buchet bicilindrico di 2281 cm3 dello stesso anno
si fermava a 110 mm .
Pure in confronto ai motori a ciclo Otto destinati ad altri settori quella del
Ducati Superquadro è una bella misura. In fondo, a raggiungere regolarmente
valori nettamente più elevati sono stati solo i motori d’aviazione degli anni
Trenta e Quaranta (che comunque giravano molto più piano, non superando che in
rarissimi casi i 3000 giri/min, e avevano cilindrate unitarie che, tranne poche
eccezioni, erano comprese tra 2,2 e 3,0 litri ). Nei grossi stellari e nei 12
cilindri a V, con cilindrate dell’ordine di 30 – 45 litri , gli alesaggi
andavano da 130 a
156 mm ,
generalmente. Cospicui sono stati anche i valori raggiunti da alcuni motori
destinati ai veicoli industriali (che negli USA hanno continuato ad essere a
ciclo Otto, e non Diesel, per vari decenni). Per quanto riguarda il campo auto,
nei mitici Offenhauser, che per tanto tempo hanno dominato a Indianapolis, si
andava da 108,7 a
109,5 mm ,
in alcune delle versioni più importanti.
Bronzine anche per il banco
In quanto alla adozione di bronzine anche per il banco,
oltre che per le bielle, non si tratta di una novità assoluta, per la casa
bolognese. I bicilindrici paralleli di 500 e 350 cm3 prodotti nella seconda
metà degli anni Settanta, e in seguito considerati un autentico errore di
percorso da parte di tutti i ducatisti, che in genere preferiscono non parlarne
neanche, avevano in effetti due bronzine di banco, oltre a quelle installate
nelle teste delle bielle. Pure in quel caso il basamento era costituito da due
semicarter che si univano secondo un piano mediano verticale. Per il banco
venivano quindi adottate, come nel nuovo 1199 Superquadro, delle bronzine
anulari e non divise in due parti (come quelle che si installano nei supporti
scomponibili e nelle teste di biella munite di cappello). Questa soluzione è
largamente impiegata in campo motociclistico. Basta pensare ai motori Honda
bicilindrici a V di 52° impiegati sulla Africa Twin e su altri modelli di larga
diffusione (Transalp, Revere, VT 500…). A proposito delle bronzine, la
denominazione più rigorosa sarebbe “cuscinetti a guscio sottile”. Anche perché
in molti casi di bronzo non ce ne è traccia alcuna (in campo moto assai spesso
si impiega un materiale antifrizione a base di alluminio e stagno). Ad ogni
modo il termine è già da molti anni di uso comune, e anche i tecnici del
settore lo adottano da tempo.
Canne riportate in umido
Il fatto che i due semicarter si uniscano secondo un piano
verticale ha reso necessaria l’adozione di canne riportate in umido. Fanno
ricorso a questa stessa soluzione i bicilindrici a V di 450 e 550 cm3 della
Aprilia, nei quali però le canne sono appoggiate in basso. Qui invece tali
componenti sono dotati di un bordino collocato superiormente, ed è solo tale
parte che, quando si serrano le viti della testa, viene messa in compressione.
Come ovvio, questa soluzione prevede un piano di appoggio lavorato con una
grande accuratezza. Nel caso specifico ciò comporta la necessità di posizionare
reciprocamente i due semicarter in modo estremamente preciso; e non ci deve
essere inoltre alcuna possibilità che si verifichino, anche nelle condizioni di
funzionamento più gravose, degli spostamenti tra i semicarter stessi, anche se
di minima entità. Per questa ragione vengono impiegate più spine di centraggio,
opportunamente collocate, in aggiunta a una nutrita serie di viti di unione
(dalla disposizione e dal dimensionamento accuratamente studiati). Sicuramente
in fase di progetto sono state di grande aiuto, a questo proposito, le
simulazioni al computer. Per dare un’idea delle sollecitazioni in gioco basta
pensare che in questo motore il picco di pressione è dell’ordine di 90 bar; ciò
significa che sul cielo del pistone durante la combustione si scarica una forza
che può superare gli 8500 kg
(sì, otto tonnellate e mezzo), e in maniera piuttosto repentina; l’incremento
di pressione infatti è graduale, ma avviene comunque in tempi ridottissimi. E
poi, naturalmente, ci sono le forze d’inerzia…
Un motore senza compromessi
Il
1199 è stato realizzato senza compromessi anche per quanto riguarda materiali,
trattamenti e fornitori dei componenti. Le valvole di aspirazione, in lega di
titanio, vengono fabbricate dalla Del West, azienda americana famosa per la
qualità dei suoi prodotti e per il fatto che fornisce praticamente tutti i
costruttori di motori di Formula Uno. L’albero a gomito è in acciaio 31 Cr Mo
V9 (lo stesso impiegato dalla BMW per il suo S 1000 RR) e viene sottoposto a
nitrurazione gassosa. Sia il materiale che il trattamento sono costosi, ma ne
vale la pena: è infatti quanto di meglio oggi disponibile. I pistoni non sono nella solita lega di
alluminio ad elevato tenore di silicio, ma in lega di alluminio con una congrua
percentuale di rame, che mantiene elevate caratteristiche meccaniche anche dopo
lunga permanenza a temperature molto alte. Le viti delle bielle sono in acciaio
H 11, dalle formidabili caratteristiche meccaniche. Questo materiale, che
abbina una grande tenacità a una straordinaria resistenza a fatica, contiene lo
0,35 % di carbonio, il 5 % di cromo e l’1,5 % di molibdeno e, per questo
impiego specifico, viene trattato in modo da ottenere una resistenza a trazione
dell’ordine di ben 1600 – 1700 Mpa.
Il
costo, preferirei non parlarne visto i tempi che corrono. Ma si tratta di un
prodotto sicuramente senza uguali e che porta il Made in Italy a massimi
livelli, anche se a mio modesto avviso si approfitta un po troppo di
componentistiche oserei dire esoteriche. A già il costo, si parla di una cifra
prossima ai 35.000 euro, più su che giù, naturalmente parlo delle versioni
entry for racing.
Nessun commento:
Posta un commento
I COMMENTI IN QUESTO BLOG NON SONO MODERATI, OGNUNO SI ASSUME LA RESPONSABILITA' DI QUELLO CHE SCRIVE